Imparare l’inglese da bambini: sì o no?
In molti Paesi, non ci sono dubbi di fronte a questa domanda. Si stima che circa il 50% della popolazione mondiale sia bilingue o plurilingue. In diversi casi, anzi, il plurilinguismo è anche una condizione ufficiale, promossa e sancita dalla legge, come per esempio in Svizzera, dove le lingue nazionali sono quattro (italiano, tedesco, francese e romancio).
In Italia, invece, sembra esserci ancora un certo scetticismo al riguardo. Nonostante se ne parli ormai tanto e ovunque, ci sono ancora tanti miti da sfatare e dubbi, comunque legittimi, sull’apprendimento precoce di una seconda lingua. Per esempio:
Facciamo insieme un po’ di luce su questo tema così importante per il futuro dei piccoli.
I bambini sono come piccoli scienziati: sono curiosi del mondo, affamati di scoperte; esplorano la realtà che li circonda e provano enorme soddisfazione quando la comprendono.
Fin dalle prime settimane di vita, il piacere per il gioco è la via di accesso all’apprendimento, che va di pari passo con lo sviluppo psicofisico. Già a 6 settimane dalla nascita, il neonato cerca nella mamma il suo primo compagno di gioco attraverso lo sguardo, l’ascolto, le vocalizzazioni e il movimento. A 12 settimane entra in contatto con lo spazio che lo circonda e inizia a costruirsi una mappa del territorio.
Il meccanismo alla base dell’apprendimento è una sequenza progressiva molto semplice: stimolo (input) – imitazione (output) – verifica (feedback). Che cosa significa? Il bambino guarda e ascolta quello che lo circonda, lo riproduce e poi osserva la reazione degli adulti. Se questa è positiva, allora il bambino riprova ancora, e ancora. E impara.
Anche l’apprendimento linguistico funziona in questo modo.
L’uomo è geneticamente predisposto all’apprendimento della lingua. Anzi, delle lingue. Il linguista Noam Chomsky, già nel 1960, parlò di “strutture innate” e ci spiegò che il parlare e il capire frasi sono competenze naturali per l’essere umano.
Negli ultimi mesi di gestazione, il bambino ascolta le parole pronunciate dalla madre, trasmesse attraverso la parete uterina. Appena nato, dimostra di reagire alla voce della mamma piuttosto che a un’altra voce femminile. Se ha ascoltato due lingue diverse, sarà in grado di differenziarle alla nascita, soprattutto se sono molto diverse tra lo, come l’italiano e l’inglese, o l’inglese e il giapponese.
A questa domanda, gli studiosi rispondono: “Il prima possibile“.
Paolo Balboni, linguista e docente di glottodidattica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ci spiega: “Fino ai tre, quattro anni di età, le strutture di base di una lingua si fissano nel cervelletto e vi restano per sempre”.
I più piccini hanno una maggiore inclinazione all’apprendimento di una seconda lingua rispetto ai grandi perché, per entrambe le lingue, si attiva la stessa area della corteccia cerebrale, quella del linguaggio, situata nella regione fronto-parietale dell’emisfero sinistro.
Nei ragazzi che apprendono una seconda lingua dopo i 15-20 anni, si attivano invece due aree diverse del cervello, ognuna delle quali deve farsi carico dell’una o dell’altra lingua. Si creano così “interferenze” tra le mappe del linguaggio, che ostacolano un apprendimento naturale e sereno.
La scienza, alla quale di solito ci affidiamo per trovare soluzioni a molti dei nostri problemi, smonta i pregiudizi sul bilinguismo e lo fa con ricerche e dati.
Ci sono almeno cinque benefici su cui possiamo riflettere:
I genitori hanno un ruolo determinante in questa esperienza, come in tutte le altre. Se loro per primi non credono alle eccezionali risorse e capacità dei propri figli, difficilmente il bambino sarà in grado di fare progressi nell’apprendere una seconda lingua. In qualche modo, infatti, le nostre convinzioni di adulti influenzano il comportamento dei bambini e la loro motivazione a fare o non fare le cose.
Ecco una piccola guida che può essere di aiuto alle famiglie che si avvicinano per la prima volta all’esperienza di crescere figli bilingui.
Il metodo Helen Doron favorisce e sostiene l’apprendimento dell’inglese, dando valore a tutto il potenziale innato che è nel bambino fin dai primi mesi di vita. Il motivo per cui questo metodo funziona in tutto il mondo dal 1985 è più semplice di quanto si possa pensare: bisogna credere ciecamente nell’intelligenza potente dei bambini.
Nikoletta è mamma di tre figli, insegnante e direttrice del Centro Helen Doron® English di Cernusco. In questo video, pubblicato sulla nostra pagina Facebook, ci racconta la sua esperienza.
Il 21 settembre il Learning Centre di Cernusco riapre le sue porte, in sicurezza.
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